Quelli che sanno dove sono i semi e silenziosamente, senza farsene vanto, a proprie spese adottano e coltivano nei loro orti che altrimenti avrebbero rischiato la completa estinzione, conservandone i semi per ridistribuirli alle future generazioni.
Ma ciò che rende la loro azione degna di speciale considerazione è che non si stanno occupando di curiosità botaniche conosciute da pochi specialisti o di piante provenienti dalle mitiche foreste vergini. Il loro impegno è piuttosto rivolto a salvare dei vegetali molto più comuni e sotto gli occhi di tutti come patate, pomodori, peperoni, lattughe, cavoli, legumi, cereali e altri, usati dall’umanità come cibo.
Se sia possibile che questi ortaggi possano rischiare l’estinzione non è certo in discussione e,senza dubbio,li continueremo a vedere sulle nostre tavole ancora a lungo. A rischiare invece di estinguersi per sempre è la biodiversità delle loro varietà,soprattutto di quelle più antiche e di quelle tradizionali dei popoli nativi che,insieme a quelle uscite dalla produzione e non più rimoltiplicate dalle ditte sementiere, sono condannate a scomparire.
E’ urgente cercare e salvare ciò che ancora rimane della biodiversità italiana.Sono infatti molte le varietà che si sono estinte sotto la pressione del fenomeno dell’erosione genetica.Ecco alcuni esempi:delle 25 varietà italiane di cocomero coltivate all’inizio del secolo ne rimane in vita solo una “il moscadello” a pasta gialla, i cui semi sono conservati nei frigoriferi dell’orto botanico di Lucca.Le altre sono andate completamente perse,sostituite con quelle di provenienza americana.
Che sapore aveva il cocomero detto “la mora romagnola”molto stimato nei cataloghi di sementi del periodo anteguerra?
Non lo sapremo mai. Sono invece 33 le varietà italiane di broccolo scomparse senza essere state sottoposte ad alcuna forma di conservazione:che fine hanno fatto il “broccolo nero di Sicilia”o quello chiamato “lingua di passero”? E che dire delle 400 varietà di frumento coltivate in Italia all’inizio del secolo ed ora completamente sostituite da circa un centinaio di moderne varietà? Quante di quelle antiche sono ancora rintracciabili nei tabulati delle banche del germoplasma? E che fine ha fatto la varietà di pomodoro chiamata “Re Umberto,conosciuto in Italia e all’estero fin dalla seconda metà ottocento,venduto fino agli anni 60 in molti cataloghi ed ora scomparso senza lasciare traccia?
Solo da pochi decenni in Italia con i finanziamenti della comunità europea si sono sviluppati dei progetti per il recupero dei semi.Spesso questi ritrovamenti vengano fatti negli orti degli anziani che non hanno mai voluto comprare le sementi offerte dai negozi ma continuano a coltivare quelle dei genitori. Alle volte lo fanno per alimentare un ricordo,ma più spesso perchè riconoscono che il gusto e la resistenza alle avversità e malattie di questi antichi ortaggi è superiore alle varietà moderne.
Purtroppo la sopravvivenza di queste rare varietà del passato, preziose perchè frutto della sapiente selezione genetica operata nel corso di intere generazioni di agricoltori è strettamente dipendente dalla vita di chi le sta ancora coltivando.
Ma che succederà quando l’anziano agricoltore sarà costretto dall’età a lasciare il suo orto? Chi rileverà questa eredità? Per questo motivo è indispensabile che inizino ad operare dei salvatori di semi,per cercare di salvare le numerose varietà locali che cedano il passo alle mostruosità biotecnologiche delle piante manipolate geneticamente solo per alimentare di ricchi proventi finanziari le multinazionali dell’agrochimica che già controllano il mercato mondiale delle sementi.
Se non resteranno più semi antichi saremo costretti a mangiare cibi prodotti da semi manipolati,brevettati e che pagano royalties ai loro inventori.